Cinque Torri

QUANDO SUONANO LE
BATTISTANGOLE

Donato Andreucci
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- URREPI

Il silenzio è quasi irreale, rotto solo dal suono misterioso delle battistangole, la notte punteggiata dai fuochi che ardono nelle padelle, appese alle facciate dei palazzi.

Avevo paura, da bambino. Mi stringevo al petto di mio padre e nascondevo gli occhi sulla sua spalla. Quegli uomini neri, un cordone attorno alla vita, il cappuccio calato sul volto, quegli occhi grandi che mi guardavano da dietro i buchi... "C'è Gesù "- mi rassicurava mio padre. Ma io avevo paura anche di quell'uomo, nudo, disteso sopra un letto.

Oggi, sotto quella tunica nera ci sono anch'io, uno degli oltre 200 sacconi, confratello della Pia Unione del Cristo Morto, figurante della 'Prucessiò del Venerdì Santo'.

Le tenebre

E' una settimana febbrile quella che precede la Pasqua, che ha perso purtroppo, con l'andare degli anni, momenti di grande intensità. Pochi ricordano ormai il 'Mattutino delle tenebre', quando all'imbrunire, il mercoledì, i canonici si riunivano in preghiera, nel coro del Duomo. Nel mezzo, un triangolo di 15 candele, spente una dopo l'altra al termine di ogni salmo. Un soffio sull'ultima fiammella e i canonici cominciavano a battere ritmicamente sui banconi con un ramo di ulivo - quello della Domenica delle Palme - ricordando la flagellazione di Gesù. E poi, la lavanda dei piedi: i cronici dell'ospizio, con un camicione bianco, seduti vicino all'altare, il Vescovo chino davanti a loro, attorniato da tutti i preti della Diocesi, la bacinella, l'acqua, i piedi nudi, i vecchietti felici di tanta attenzione. E la fastosità dei Sepolcri, con le chiese che facevano a gara per allestire il più bello. Ricordi sfumati dal tempo.

I preparativi

Solo la Prucessiò ha mantenuto intatto tutto il suo fascino. La preparazione è frenetica. Un paio di settimane prima si comincia a ripulire i lampioni, a lucidarli. Il Martedì Santo si prepara il Cataletto, il feretro dove verrà deposto il corpo di Gesù. Il professor Lombardi, priore della Confraternita, Silvietto, Antò del Moro, Ceccò, Nando, Pepe montano lo scheletro in legno, i 'saltaleò' (i candelabri laterali), mettono i paramenti, custoditi, durante l'anno, dalle monache di san Nicolò. Cartuccia, Angeletti e Magnaterra pensano alla parte meccanica, controllano il motore, le gomme, i freni, le batterie...

Andare a vino

Una volta, il Cataletto era portato a mano. "Andava a vino" -si diceva. I portatori, infatti, ogni tanto si davano il cambio e quelli che riposavano venivano rifocillati con un buon bicchiere di rosso. I1 peso del feretro li obbligava a cambi e fermate frequenti. La tradizione voleva, e vuole tutt'oggi, che se il Cataletto si fermava davanti a una casa, lì, entro l'anno, sarebbe morto qualcuno. E la gente allora, per scongiurare questa eventualità, pregava i portatori di non fare sosta davanti alla propria abitazione pagando un pegno: vivande e qualche fiasco di vino.

Il venerdì mattina, la Confraternita è in fermento. Si preparano i Misteri (gli oggetti che ricordano la passione di Cristo), si apre il cassone, ormai centenario, dove sono state custodite per un anno le tuniche nere, si tirano fuori le statue, le croci. Pepe, Nando, Tony e Milò salgono prima sul soffitto del Duomo per agganciare la croce grande che sarà esposta per le Tre Ore, poi sul campanile, per attaccare una fune al batocco che scandirà coi suoi rintocchi la funzione del pomeriggio.

Sette candele

Nel primo pomeriggio, le Tre Ore, la rievocazione della morte di Gesù. Sette candele, davanti alla grande croce, spente una dietro l'altra. "Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio". Reclinò il capo e spirò. Si spegne l'ultima candela, la chiesa si fa buia, la campana batte l'ultimo rintocco. La statua di Gesù viene deposta dalla croce e messa sul Cataletto.

Il momento della Processione si avvicina. Verso le cinque del pomeriggio, ci si sposta nella vecchia chiesa di san Filippo per la vestizione. C'è ressa davanti alla porta. I ragazzini fanno la fila, vogliono entrare per potersi accaparrare un saccone, un lampione. All'interno, il Priore fa le ultime raccomandazioni, Vittorio Ceccò si apparta con il coro e intona 'L'orme sanguigne', si ritrovano vecchi amici: qualcuno è tornato da Londra, da Torino, da Como, da Roma, solo per la processione.

Il giro corto

Siamo pronti, torniamo al Duomo. Si accendono i lampioni, il Priore scruta il cielo: se piove bisognerà fare il giro corto, quello che taglia per la biblioteca, fino a piazza Dante. Si prepara con scrupolo lo schieramento: i tre mazzieri, le sei battistangole (le tavole di legno che sostituiscono il suono delle campane, mute), la Croce grande, con i quattro lampioni accanto, il coro, i sacconi, una seconda Croce, la banda, illuminata dalla 'scentilene', la Maddalena, i fedeli, con i mano i lumini, i sacconi piccoli, con i flambeaux, la Croce del Carmine, i Misteri, la Sacra Spina, il Cataletto, con i quattro lampioni e i carabinieri in alta uniforme, le autorità, la Madonna, sette ragazzine con una piccola Croce, San Giovanni e il popolo in processione.

La discesa del Duomo, i vicoli di San Francesco, le monache di san Nicolò, i Cappuccini, san Marco, piazza Dante, il Corso, la salita del Duomo.

Alzo il mio lampione, mi calo il cappuccio sul viso: si parte. Un bambino si stringe al petto del padre, nasconde gli occhi sulla sua spalla. Lo saluto con la mano, per rassicurarlo. Lui piange: ha paura degli uomini neri....

Donato Andrencci (da 'il caffé' - 26 marzo 1994)

La tunica nera, il cappuccio calato sul volto:

un saccone racconta la Processione del Venerdì Santo

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